Dicono di me – Elsa M. Cappelletti

Recensione di Elsa M. Cappelletti
Prefetto dell’Orto botanico di Padova
“L’illustrazione botanica ieri e oggi”
“Hortus pictus” – Padova, Catania, Alatri – 2008

Le piante e i fiori, con la varietà delle forme e la bellezza dei colori, hanno in ogni tempo rappresentato una fonte di ispirazione per motivi decorativi. La rappresentazione dei vegetali, specialmente quando si tratta di immagini naturalistiche eseguite raffigurando i soggetti dal vero, ha assolto e può tuttora assolvere anche il ruolo di strumento di conoscenza scientifica.

Nei secoli XV e XVI la botanica era sostanzialmente una scienza legata alla medicina. Ciò è facilmente comprensibile se si considera che allora e per molti secoli ancora, cioè fino all’avvento dei farmaci di sintesi (il primo farmaco di sintesi, l’aspirina, risale all’inizio del Novecento), si utilizzavano in terapia esclusivamente sostanze naturali, i “semplici”, la maggior parte dei quali era di origine vegetale. La conoscenza delle piante medicinali era pertanto essenziale e l’identificazione botanica corretta delle droghe vegetali descritte dagli antichi autori (greci, latini, arabi) di materia medica, rappresentò la preoccupazione principale degli studiosi del Quattrocento e specialmente del Cinquecento. La cosa non era semplice perché, non esistendo una nomenclatura unitaria, accadeva che una medesima pianta venisse indicata con nomi diversi e che lo stesso nome fosse attribuito a più di una pianta. In questa situazione di caos nomenclaturale, era possibile che, per errori di identificazione botanica, si utilizzassero in medicina le piante sbagliate; ne conseguiva il mancato effetto terapeutico desiderato e, talora, gravi intossicazioni con la morte del paziente. Frequenti erano anche le sofisticazioni di droghe esotiche, costose, poco conosciute e difficilmente reperibili, con piante indigene prive di virtù terapeutiche.
Di qui l’esigenza di un accurato studio delle piante medicinali, al fine di individuare i caratteri morfologici propri di ciascuna e l’esigenza di acquisire immagini naturalistiche che ne riproducessero con precisione il portamento, le forme e i colori, onde consentirne il riconoscimento e di differenziarle da altre simili. Non meraviglia quindi che, almeno inizialmente, negli erbari figurati tratti dal vero o Horti picti l’attenzione fosse rivolta quasi esclusivamente alle piante medicinali.

Nella storia dell’iconografia botanica, un ruolo di particolare rilevanza è riconosciuto ad alcuni erbari figurati prodotti tra la fine del Trecento e la metà del Quattrocento in area veneta, nell’ambito e sotto l’influenza della scuola medica padovana. Di questi, il Liber agregà della British Library (Eg. 2020) è una versione in volgare padovano dell’opera Aggregator simplicium medicinarum del medico arabo Serapiom (vissuto in Spagna nel sec. XI). Il codice, redatto negli ultimi anni del Trecento, è noto anche come Codice Carrarese perché realizzato per Francesco I da Carrara, signore di Padova. Il codice è corredato di splendide illustrazioni che dimostrano una perfetta conoscenza delle piante e l’intenzione di riprodurle con esattezza scientifica, mettendo in risalto i dettagli utili al loro riconoscimento. Stupiscono la plasticità dei soggetti, la loro tridimensionalità, le tonalità cromatiche e in particolare l’ampia gamma dei verdi utilizzati per riprodurre fedelmente le varie sfumature del fogliame. Non si tratta solo di illustrazione botanica di spiccato realismo e accuratezza nei particolari, ma l’eleganza e la suggestione della composizione ne fanno una vera e propria opera d’arte.

Di straordinario interesse scientifico è il Liber de simplicibus (Biblioteca Nazionale Marciana, Lat. VI, 59 = 2548) che, per il vastissimo repertorio di piante, per la qualità delle immagini e per le pur sintetiche notizie sull’uso tera

peutico, offre una panoramica completa e aggiornata per quei tempi dell’uso dei semplici vegetali in area veneta nel Quattrocento e può essere considerato un vero e proprio trattato di Materia medica. Questo codice fornisce un’impressionante documentazione dei pericolosi errori di identificazione e delle numerose sofisticazioni, ma nel contempo testimonia anche l’uso, al posto di alcune costose droghe esotiche, di succedanei indigeni provvisti di simile attività terapeutica.
Il testo è opera del medico Nicolò Roccabonella, nativo di Conegliano e laureato a Padova nel 1410. L’opera fu composta dal Roccabonella con l’intenzione di fornire un utile insegnamento al figlio Iacopo, studente di medicina a Padova. Le illustrazioni furono eseguite dal pittore veneziano Andrea Amadio: le immagini, forse un po’ meno ricche di particolari rispetto a quelle del Codice Carrarese, sono però estremamente realistiche e mirabilmente dipinte.

Sempre nel filone degli erbari veneti naturalistici quattrocenteschi, va segnalata la galleria delle Herbe pincte del pittore Antonio Guarnerino da Padova (Bergamo, Biblioteca Civica, M.A. 592) e il Codex Bellunensis (Londra, British Library, Add. 41623). Benché le immagini siano di livello molto inferiore a quelle degli altri due erbari, queste opere rivestono un particolare interesse perché contengono la prima iconografia di piante montane.

L’illustrazione botanica di Maria Rita Stirpe è osservazione scientifica, meticolosa ricerca degli aspetti morfologici e del portamento delle piante e, nel contempo, forma di espressione artistica. Nell’ammirare gli acquerelli di Maria Rita Stirpe esposti nella sede dell’antico Horto medicinale dell’Ateneo padovano, si ha la sensazione di una tradizione che si rinnova. Viene infatti naturale un ideale collegamento tra queste immagini e quelle dei due prestigiosi codici erbari quattrocenteschi di area veneta, che costituiscono una pietra miliare nella storia dell’iconografia botanica.

Ritengo che anche oggi l’illustrazione botanica possa avere un ruolo ai fini della conoscenza morfologica dei vegetali, in quanto nessuna delle pur sofisticate tecnologie moderne di cui disponiamo può sostituire l’illustrazione botanica di qualità, che associ alla fedeltà della riproduzione lo studio critico delle forme e evidenzi i caratteri peculiari. Gli acquerelli di Maria Rita Stirpe presuppongono non solo un’attenta osservazione del soggetto in ogni minimo particolare, ma anche una ricerca che ha portato a mettere in risalto i caratteri distintivi della pianta, cosicché un esperto non solo identifica agevolmente la specie botanica, ma trova spesso motivi di riflessione.

E’ estremamente piacevole soffermarsi ad ammirare i pregevoli acquerelli di piante di Maria Rita Stirpe; i suoi fiori sembrano avere un’anima e pare vogliano trasmettere un messaggio. Per tutti è un godimento estetico.